Polverosi esplorano in nord 2011

1,2,3 Giugno 2011
Salvatore(toto), Danilo DrZ, Stefano, Giorgio, Peppe, Enrico Beta



Report di Stefano L'abusivo Maximo:

Sono seduto su un sasso in fondo ad un canale mentre cerco di recuperare forze e concentrazione. Davanti a me un guado asciutto e pietroso. I blocchi di roccia sono disposti casualmente, comunque in modo da impedire qualunque linea ragionevole che permetta il loro superamento. Alle mie spalle, appena sopra di me, Giorgio e' seduto sulla mia moto, vicario di un cavalletto inesistente. Danilo e Peppe mi sembrano due figurine di un presepe all'ingresso di una grotta. Questa e' una stretta galleria di fronde (cespugli alti o alberi corti?), ma a ben vedere non c'e' nulla di natalizio: nell'ombra Salvatore ed Enrico attendono che mi decida a montare in sella ed a superare l'ostacolo. Ecco, nel caldo immobile di un pomeriggio al limite della primavera, il nostro drappello a caccia di guai nel nord Sardegna: Giorgio, per una volta, dichiara una certa insofferenza per la dura sella che la BMW riserva alla propria esclusiva clientela; Peppe, ogni tanto sbarra l'occhio esasperato dal caldo; Danilo, cerca di dissimulare una certa inquietudine sulle effettive condizioni del percorso che ci attende e che lui ha scelto per noi; Salvatore ed Enrico sembra che non sappiano darsi ragione della sosta prolungata. Basta, e' tempo di andare. Mi rimetto in piedi, cerco di succhiare qualche goccia residua dal tubicino bollente del Camelback e inforco la moto appena smette di girarmi la testa. La sella dura, il casco bagnato e i guanti irrigiditi da polvere e sudore, invece di affondarmi nel disgusto, mi riportano alla realta': qui dentro sono finito perche' l'ho voluto io e se voglio uscirne c'e' una sola direzione, quella indicata dalla ruota anteriore. Ma in fondo, che fretta c'e'? Mi sto pure divertendo! Bottone, motore, marcia e si ricomincia...



Non c'e' preavviso per quanto lungo che aiuti a mettere insieme piu' di un piccolo numero di compagni per una due giorni in moto fuori citta'. Discorso complesso, ragioni rispettabili. Giovedi' pomeriggio partiamo da Cagliari in cinque, un furgone noleggiato con dentro tre moto e tre corpi; altri due corpi e una moto su macchina e carrello. Abbiamo combinato con un agriturismo nelle campagne di Pattada, sulle rive del lago del Lerno. Posizione baricentrica per un programma che ci fara' rimbalzare dal Goceano alla Gallura: un ritorno e un'esplorazione, combinando tracce dei nostri archivi, il tracking della gara del mondiale rally, ma sempre pronti ad annusare l'aria per vedere se ad un bivio c'e' qualcosa di interessante. I corpi li ho raccontati, i motori no: anche qui la compagnia e' la piu' assortita. Se proprio vogliamo, si nota una prevalenza europea: Giorgio ed Enrico sono gemelli separati alla nascita con le loro Beta (in verita' assai diverse e non solo per cilindrata), Salvatore legato alla KTM almeno quanto me con la BMW (a proposito: e' la mia prima duegiorni con il 450X: ch ne sara'?); Peppe e Danilo sono con le rispettive mangiariso, Suzuki e Honda. A parte Danilo, il nostro tanker ufficiale, piu' o meno tutti dobbiamo fare i conti con un'autonomia non proprio estesa: verso i cento chilometri il rifornimento diventa urgente e c'e' chi si e' fatto il giro come un kamikaze, con i due litri di verde nello zaino. Un limite facilmente superabile.



A proposito di benzina, la prima giornata inizia con la mia BMW che sbroda a un chilometro dal distributore: sopravalutato la riserva del 450X e sottovalutato la distanza dell'agriturismo dall'abitato. Lezione imparata. In breve attacchiamo i percorsi delle foreste del Goceano. Boschi incantati di lecci, bizzarri rimboschimenti di larici, panorami aperti, gallerie sotto il verde e tagliafuoco veloci. Ops! Ne infilo una per sbaglio in discesa. Scendo per ultimo dopo che i miei piu' scaltri compari sono scesi assai disinvolti. Il terreno e' stato ruspato di fresco e si scende su una specie di borotalco misto a sassi di grandezza assortita. Cerco di imitare l'ultimo dei disinvolti ma un movimento maldestro mi mette letteralmente in croce. Anzi: in mezza croce: invece di mollare immediatamente la moto, resisto aggrappato al manubrio, una zampa tesa sul terreno e l'altra, tesa al massimo, incastrata con lo stivale al bordo della sella e la moto che mi tira dall'altra parte. Come Bolle', ma senza figa adorante, appena un ilare quartetto disposto a raccogliere me e la mia moto solo se franiamo a valle. Tento inutilmente di sganciarmi, ma non mi resta che il colpo di reni e buttarmi da una parte lanciando la moto dall'altra. Soluzione poco elegante ma necessaria ed efficace. Mentre metto l'amor proprio in ricarica, Danilo prende autorevolmente la guida del gruppo. I percorsi sono noti, ma sembrano vergini: non pare che gli enduristi frequentino troppo questi paraggi. Oltre a noi solo vacche e cinghiali. La traccia che seguiamo ricalca non so quale gara di quanti anni fa: chi ha tracciato aveva in mente soprattutto la distanza – e questo va bene - ma anche la qualita' e' al massimo. Tante le possibili deviazioni, ma dopo avere studiato un po' le carte si capisce che sono solo bretelle che potrebbero accorciare il percorso: una specie di Monte Paulis in grande e piu' boscoso, dove azzeccando le combinazioni ci si potrebbe passare la giornata senza rischio di annoiarsi.



All'ora di pranzo agganciamo il sesto corpo in sella al sesto motore e riprendiamo il giro alla caccia della Littorina della valle del Tirso: la linea da Cantoniera Tirso ad Ozieri, abbandonata sul finire degli anni '50, potrebbe darci qualche piacevole sorpresa, magari come la (per noi) classica Siliqua-Santadi. In verita' l'esplorazione si risolve in una pista tortuosa e ben ripulita per qualche chilometro ma che va a morire in una orrenda discarica abusiva, cancellata appena piu' in la' tra campi chiusi. Pare che ci sia il progetto di ripristinare l'intero tracciato per farne un itinerario ciclabile, ma per il momento noi dobbiamo desistere. Chiudiamo il pomeriggio su sterratoni veloci e polverosi che ci riportano verso Pattada con buon anticipo per l'ora di cena



Seconda giorata: la Gallura. A volte sono portato a pensare che la questa parte della Sardegna, vista dal Capo di Sotto, dove stiamo noi, sia esotica e lontana quanto puo' esserla per il cafone danaroso che la compra dopo averla sognata dalle caligini padane. La Gallura non e' una gita, ma nemmeno un viaggio. E nemmeno ora che abbiamo messo la base a Pattada ci siamo avvicinati piu' di tanto. La seconda giornata ha un programma ambizioso che e' anche un po' lo scopo dell'intera spedizione: il Limbara. Facciamo colazione e la mattina e' ancora fresca mentre prepariamo le moto. Olio alla catena, controllo dei filtri. Tutto e' in ordine per partire. Iniziamo risalendo il Monte Lerno. Le piste sembrano messe meglio di quanto non lo fossero lo scorso novembre, oppure il 450 le fanno apparire meno ostiche. Iniziando la discesa ci imbattiamo nella segnaletica della Cavalcata del Sole: evidentemente – pensiamo – stanno tracciando per la tappa di domani. Incuriositi, decidiamo di seguire i segnali che conducono su un itinerario di cui non abbiamo la traccia. Seguiamo sterratoni di cantiere veloci e quindi una divertente pista ben piu' scassata che segna il limite di un rimboschimento, breve intermezzo prima di riprendere le piste. Superiamo un cancello chiuso ("lo apriranno per la tappa di domani", pensiamo) e scendiamo a Berchidda: sopra di noi, finalmente, i graniti del Limbara.



A Berchidda facciamo rifornimento, caffe' al bar in piazza e mentre stiamo per ripartire si avvicina un altro endurista con la pettorina della Cavalcata del Sole. Deve avere mancato la segnaletica all'ingresso di Berchidda e ci chiede dov'e' il percorso. Pensiamo: "Ecco uno che prova il percorso per fare il tempo alla tappa di domani", quindi gli diamo le indicazioni che chiede e prendiamo per la nostra traccia, diversa da quella di Bike Village. Purtroppo troviamo la strada sbarrata senza speranza e cosi' non resta che tornare indietro per seguire la segnaletica della Cavalcata. Ci infiliamo su chilometri di asfalto per stradine di campagna strette e tortuose tra vigne e sugherete. Mncano solo gli alberi delle bottiglie per farsi un buon vermentino. Mentre conduco il nostro gruppetto ad andatura prudente (non ho voglia di inforcare un trattore che esce da qualche vigna) una, due e tre volte vengo superato da a altri enduristi con pettorina che – non puo' che essere cosi', penso – a quell'andatura stanno provando il percorso dell'indomani. Approfitto dell'ultimo missile arancione e mi metto a ruota. L'andatura e' piu' che sostenuta ma il percorso non e' dei piu' interessanti per la guida fuoristradistica, piuttosto e' roba da endurona stradale, con valige e passeggero... Dopo un ennesimo trasferimento su asfalto, finalmente attacchiamo la salita del Limbara. Inizia ad esserci traffico di altri enduristi in pettorina ed iniziamo a pensare di essere proprio finiti in mezzo alla Cavalcata del Sole, altro che cani sciolti che provano il percorso. Alla prima occasione abbandoniamo la segnaletica ed il percorso diventa subito piu' interessante. Il panorama e' quello straordinario della Gallura, con immensi blocchi di granito, accatastati uno sull'altro a formare figure bizzarre. Intorno fiori profumatissimi di tutti i colori. La luce cambia di continuo non solo perche' cambiamo continuamente direzione, ma anche perche' il sole va e viene dietro le nuvole.



Continuiamo a raccordare gli sterratoni della Cavalcata con brevi tratti ben piu' ghiotti che sono stati percorsi dal Mondiale Rally. Un'altra deviazione poi ci porta a percorrere l'antico tracciato dela ferrovia Tempio-Telti. Curve interminabili di raggio larghissimo su un fondo perfettamente rullato. Sembrerebbe una noia infinita per andarci con la moto ma come si fa a non pensare alla storia di locomotive sbuffanti, vagoni stipati di strani personaggi barbuti e donne avvolte in impenetrabili scialli dai ricami raffinati. Il treno mi fa questo effetto anche quando non c'e' piu': mi porta a pensare, a guardarmi intorno e a fantasticare. Ad una intersezione vedo una macchina con le scritte "org" sulle fiancate e un po' di gente che sembra quasi stiano aspettando noi. Siamo cosi' importanti? Mi fermo e penso di rassicurare queste brave persone del Bike Village raccontandogli la nuda verita': siamo in giro per conto nostro con un itinerario che incrocia ogni tanto quello della cavalcata. Sembra pero' che questo li innervosisca ancora di piu': mi guardano, mi girano intorno osservando il mio zaino e quello dei miei compari che sono arrivati nel frattempo. Cominciano a seccarmi, chiedo se c'e' qualche problema e mi sento rispondere che la segnaletica e' stata sabotata in modo sistematico in diversi punti, con gente che vaga per le montagne e tratti in cui si rischia lo scontro. I segnali sono stati spostati tra il passaggio degli apripista e l'arrivo dei partecipanti: lavoretto da professionisti. Avendo un'esperienza sul campo, mi sento sinceramente solidale alla loro rabbia, ma questo non solo non basta a tranquillizzare questa gente che ormai e' convinta che il mio zaino sia gonfio di fettucce strappate dai rami. Basta cosi', allora. Riprendiamo il nostro giro. Abbiamo lasciato il monte e il paesaggio cambia. Attraversiamo le vigne del vermentino, filari di un verde vivo e brillante che contrasta con i toni piu' cupi dei cespugli intorno e che lascia sperare in vini luminosi e profumati per la prossima annata. Salute! Ma e' la birra che ormai cominciamo a sognare come naufraghi nel gran mare di polvere che si alza come la nebbia ogni volta che passano – due per volta – quelli della Cavalcata. Finalmente Monti, birra, patatine e panini per lo stanco endurista nonsoloubriacone.



Siamo seduti all'ombra fuori da un bar e guardiamo passare motociclisti di ogni razza e provenienza: carrettate di tedeschi, svizzeri ed altre targhe assortite che vanno e vengono da una delle strade piu' belle di tutta la Sardegna; Harley, Ducati, BMW, giapponesi da stufarsi ed anche qualche Guzzi; arrivano in gruppi e si stenta a credere che poi riescano a disperdersi e a non ammassarsi in fondo a qualche imbuto; infine si vedono passare alla spicciolata i partecipanti della Cavalcata; questi si', invece, li ritroveremo ammucchiati al distributore per fare benzina. Siamo piu' impegnati a riposarci che a studiare questi fenomeni, ma ecco che riappare il pick-up di prima con la stessa gente. Guardano noi, le nostre moto ed armeggiano con i loro telefoni. In breve arriva anche un'altra macchina "org" da cui scende uno a cui tutti si rivolgono con una certa deferenza e si capisce che noi, seduti al bar, siamo al centro della loro attenzione. Potrebbe essere mezzogiorno di fuoco, sull'assolata via di Monti, ma – colpo di scena – il boss e' una nostra vecchia conoscenza e la finiamo a chiacchiere e caffe' seduti al tavolino.





Fa ancora caldo, ma e' ora di rimbalzare sulla via del ritorno. La strada da fare e' ancora tanta. Infiliamo un viottolo dall'aria innocente che dopo qualche curva lascia vedere una rampa ripida, stretta e dall'aspetto tutt'altro che rassicurante. Scendiamo alla base di questa rampa dopo avere superato un guado in secca. Quello che ci aspetta e' il Macigno alla maniera di Monti. Ci si disincastra in qualche modo dai massi del primo guado e si parte senza esitazioni per la rampa. Canali profondi, sassi incastrati, curve secche in contropendenza: in questo breve tratto troviamo tutto quello che gli sterratoni ci avevano fin qui risparmiato e finalmente si balla. La moto e' alta e snella e passa tranquilla senza incastrarsi nei canali, ma la fatica si fa ugualmente sentire. La guida non permette esitazioni. Altro guado secco, sosta di recupero e attacchiamo l'ultimo tratto che ci permette di ricongiungerci al tracciato della Cavalcata. Si cammina un po' di piu' e finalmente il vento ci rinfresca un po'. Si gode appena per qualche minuto fin quando arrivano, come sempre due alla volta e a tutta velocita', i "Cavalcanti" che avevamo lasciato a Monti. Sollevano nuvole di polvere degne della piu' fitta nebbia padana. Quando la strada e' libera procediamo sulle piste dei rimboschimenti, anche noi affiancati a due a due, senza fretta e ben distanziati.





Troviamo un altra deviazione e abbandoniamo definitivamente la Cavalcata del Sole con i suoi sterratoni e la sua polvere e cerchiamo i passaggi del Mondiale. La guida adesso si fa piu' interessante anche dove il percorso e' scorrevole: seguiamo una pista in piano che somiglia allo scavo richiuso di un acquedotto ed ogni tanto si puo' anche saltare da una gobba all'altra. Attraversiamo di nuovo la statale ed ha inizio un nuovo tour de force su una carrareccia tutta pietre e canali trasversali. Si cerca di andare spediti per sentire il meno possibile il terreno irregolare, ma ogni tanto il panorama fornisce un'ottima scusa per fermarsi ogni tanto e riposare le braccia. Ambiente aspro e brullo, anche se i nomi sulla mappa evocano una vegetazione che deve essere stata assai fitta nel passato. Stiamo rientrando nel settore di Monte Lerno, e la rotta piega decisa per il rientro: si e' fatto tardi e la stanchezza inizia a farsi sentire. Navighiamo per un po' sotto gli imponenti piloni di un parco eolico in costruzione. Le larghe piste del cantiere hanno risparmiato qua e la' le vecchie carrarecce – ora del tutto abbandonate – quindi imbocchiamo un'ultima divertente tagliafuoco e ci ritroviamo sul percorso fatto la mattina. Per un tratto scendiamo a motore spento, per non urtare la suscettibilita' di un pastore li' vicino che avevamo incontrato la mattina (Danilo puo' relazionare meglio di me sul dialogo di questa gente rude ma ospitale).



Finalmente lasciamo le moto nella veranda dell'agriturismo. Rimandiamo all'indomani il carico di carrello e furgone. Ottima idea quella di dormire sul posto e goderci ancora un pasto, fin troppo abbondante, in compagnia. La sera passa tra piatti che si riempiono da vassoi che sembrano non avere fondo, battute, racconti e impressioni. Ancora una volta e' stata una bella esperienza. Se un difetto c'e' stato, a parer mio, non abbiamo avuto la possibilita' di esplorare adeguatamente i settori di Foresta Burgos e Monte Lerno. Abbiamo visto un po' di roba intorno al Limbara, ma l'impressione generale che ne abbiamo avuto e' stata che al Capo di Sopra si pratica un enduro diverso da quello che abbiamo la possibilita' di fare qui: prevalgono le grandi piste, e i terreni chiusi obbligano a deviazioni frustranti. Rare le mulattiere o i passaggi piu' impegnativi ragionevolmente collegati. Forse qualche cosa c'e', ma non e' solo per la vicinanza della Costa Smeralda che e' qui che si svolgono i rally automobilistici. Panorami formidabili, si', ma e' anche vero che sono stati chilometri di strade da cantiere, assillati dalla polvere e con lunghi raccordi su asfalto. Da andarci perche' se non ci vai non lo sai e comunque vale sempre la pena di andare a vedere cosa c'e' al di la' del nostro solito recinto. La compagnia gira ormai collaudata. Grazie Enrico, Toto, Peppe, Giorgio e Danilo. In sei siamo un po' al limite della possibilita' di spostarci con il nostro stile improvvisatore e anarcoide, amanti delle soste, dell'acqua fresca, della birra all'ombra e delle beffe. Ma come sempre tutto scorre, anche le moto giu' per le tagliafuoco. Alla prossima!






Stefano
AB-qualchecosa



Foto di DaniloDrz:

https://picasaweb.google.com/DaniloDR350/Pattadesi_polverose#

Mini Video http://www.youtube.com/watch?v=_0afEk86TC0